giovedì 16 febbraio 2017

Tratto da un dialogo tra "sorelle"
Che dire...la vita è questa tanto bella quanto brutta che poi anche qui sono punti di vista. Noi dobbiamo elevarci rispetto all'ignoranza di cui siamo pregni. Solo così potremmo sopravvivere alla loro assenza. Dobbiamo lavorare su noi stessi. Ricordo il giorno dopo il funerale andai al monastero tibetano dove tutti conoscevano i miei ragazzi e quindi il mio Antonio. Fecero un rito che corrisponde un po' alla nostra messa. Bene il maestro mentre recitava, tutto in tibetano, sorrideva o così mi sembrava. Ed io lo guardavo inebetita e ricordo che mi chiedevo come poteva sorridere sulla mia disgrazia. Loro non lo vivono come noi mi dicevano di non piangere per non rendere il loro passaggio diciamo così, problematicoAnche loro, quella popolazione ha figli che poi perdono per varo motivi ma vivono con una serenità di cui noi non sempre siamo capaciTogliamoci di dosso l'egoismo e l'egocentrismo che ci caratterizza. Se io penso che avevo il figlio che sognavo, pulito sincero affettuoso e altruista, se penso alla sua pelle morbida al suo odore e voce, al suo sguardo ingenuo fin troppo e a tutto il resto mi distruggo. Nell'intero universo ognuno quanti vivono la stessa condizione. Io già sentendo voi mi sento niente. E poi proprio perché facciamo parte dell'universo anche tutte le altre forme di vita nascono crescono e ad un certo punto muoiono . Noi non diamo altro che una di queste tantissime forme di vita. Il problema è che invece noi razza umana ci crediamo superiori a tutto il resto e quando la natura c'interrompe la vita restiamo completamente affranti inebetiti, increduli e tutto il resto. Diciamo perché o perché proprio a me e altro

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